Cose di questo Genere

Sottotitolo: Sbozzamenti di discussioni ancora crude.

Avvertenze:– Riporterò qui (i paragrafi in corsivo) parti di una discussione collettiva avuta sui miei dubbi.
– Sarà una cosa lunga.

Inizierò dal principio.
Un caro amico, poco tempo fa, mi ha indirizzata verso un sito di pornografia che apprezza tanto (questo) perché ci si possono trovare alcuni video deliziosi. Ovviamente il primo filmato che, una volta approdataci, scelgo di vedere sarà quello che poi mi farà sprofondare in un trip di dipendenza e ragionamenti per quasi una settimana, ossia:

Cupcakes!

Oltre al fatto che lo manderei in loop per anni, quasi dimenticandomi di mangiare (QUASI: confesso che, alla prima visione, mi sono domandata più volte che fine avessero fatto i dolcetti….), il vero problema è partito dai tags, dove spicca, ad un certo punto, la parola “transmasculine”.
Oh, bella, non si finisce mai di imparare! Grazie al supporto del suddetto amico scopro che significa:

un modo per dire “mi trovo sullo spettro ftm, ma senza identificarmi come uomo”

e, tentando di approfondire, poiché non riuscivo a capire in che modo ciò potesse differenziarsi dall’essere Butch (rimando al glossario di Moju):

Una persona transmasculine è in genere una persona che, con o senza transizione, si autopercepisce né come uomo in senso stretto né donna in senso stretto, ma per qualche motivo si sente più a suo agio sullo spettro (trans)mascolino dei generi. Una butch ci rientra se sente di farne parte. […] Queer è generico, e transmasculine implica una direzione. è un po’ come dire ftm senza specificare come ci si identifica nello specifico…. […] Sia ftm che transmasculine possono essere utilizzati come categoria/termine ombrello per tutt* coloro che sono nat* femmina ma che non si identificano come donne. Una persona butch c’entra? Nì: no perchè alcune persone butch si ritengono “donne butch”, e alcune persone butch si ritengono “butch” e basta, e potrebbero (potrebbero!) sentire di appartenere alla categoria transmasculine.

Ok, a questo punto penso di aver capito. Non che ne sia sicurissima: certamente devo rifletterci ancora molto, perché non è che l’argomento sia propriamente all’acqua di rose per il mio cervello. Il problema che inizia a porsi, però, è un altro, a questo punto. Riguarda sempre il Genere (indentità, costruzione del concetto, il rapportarsi ad esso…), ma in particolare il mio modo di pormi rispetto a questo elemento/argomento (questa l’espressione della mia personale perplessità):

Forse è possibile uscire dalla dualità, ma si tratta di un lavoro lungo e probabilmente noi non riusciremo mai a slegarcene completamente. Per fare un esempio banale (e utilizzando un campo in cui mi sento un po’ più al sicuro, ossia quello linguistico): finché continueremo a parlare in una lingua -l’italiano- che prevede dei suffissi diversi a seconda che il soggetto o oggetto di cui si parla sia maschile o femminile, sarà difficile uscire dal binarismo. Specifico: prima di leggere i tags di quel video, per me si trattava di una scena tra due lesbiche. Quindi tra due donne. Uno dei due soggetti, invece, si identifica come transmasculine…ma, prima che l*i specifichi quale pronome io debba usare, non possiedo alcuno strumento linguistico per poterl* descrivere (oralmente -ché, almeno nello scritto, posso usare gli aserischi) assecondando questa sua autodefinizione. Idem: se vedessi una persona dall’aspetto “””femminile””” per strada e dovessi parlarci/descriverla/elaborare una frase che si riferisca a lei, automaticamente userei il femminile. Se l’aspetto non fosse chiaramente identificabile come “””maschile””” o “””femminile”””, dovrei comunque scegliere uno dei due generi grammaticali, perché non esiste un neutro, a meno di non iniziare a raddoppiare ogni pronome e aggettivo. Quindi: la lingua mi costringe a pensare in maniera binaria e la cultura che ci obbliga al binarismo è, al contempo, causa di come è impostata la mia lingua. Beh, ma sono cose dette e stradette, mi dispiace ripetere.

C’è un’altra cosa che vorrei aggiungere, ma non so esattamente come metterla giù e che c’entra con le definizioni binarie. Per dire: io sono una donna e mi sento tale. Sono stata socializzata sin da piccola come bambina e non vorrei che venissero usate per me definizioni diverse dal femminile. PERO’ sono lesbica e questo, automaticamente finisce per lanciarmi fuori, in un certo senso, dalla matrice “Donna”, il contenitore culturale che ci comprime e deforma affidandoci dei ruoli prestabiliti da cui “non possiamo” (NON DOBBIAMO! GUAI A NOI!!!) scappare. Una “Donna” è infatti madre, infermiera, Sensibilità e, ovviamentissimamente, attratta dall’ “Uomo”. Perciò io sono una donna, ma non sono una “Donna”. In qualche modo, quindi, il contenitore stesso mi respinge, “costringendomi” nella “categoria” queer. Che però, allo stesso tempo, non sento mia, questo perché io voglio essere donna, e, anzi, pretendo che, un po’ come già detto in questa conversazione, “Donna” sia il mio spazio e che contenga ANCHE le mie caratteristiche. Tra l’altro, in quanto lesbica, sono attratta da altre donne ed è una cosa precisa. Perché le donne (e qui sono costretta ad aggiungere: socializzate donne*) hanno una parte di vissuto che condividono con me, degli elementi in cui mi riconosco e rispecchio e che ricerco, spesso anche solo dal punto di vista amicale: mi trovo bene con le donne, ci parlo meglio, sto più a mio agio, mentre con gli uomini (tranne alcune eccezioni, e queste sono rappresentate generalmente dai compagni femministi) mi limito a rapporti superficiali e che non ho interesse ad approfondire, né mi interessa conoscere le loro opinioni riguardo a qualcosa, o voglio confrontarmici ecc…
Sto perdendo il filo.. aggiungo solo la questione dell’asterisco:

*socializzate donne: non ho mai veramente appofondito la conoscenza con donne che siano state inizialmente socializzate come uomini (in realtà perché una sola ne ho incontrata che, tra l’altro, mi sta antipatica a pelle…), perciò non posso essere sicura di come possa essere un confronto, ma è indubbio che il loro vissuto non sia più una cosa in comune con me. Certo, ci saranno altre cose interessanti, che arricchiscono ecc…ma non è quello che io attualmente cerco, se devo pensare ad una relazione d’amore, per dire.

Concludo: non voglio sembrare chiusa. Il discorso dall’apparenza scientifica mi fa sembrare fredda e calcolatrice, del tipo “tu sì, tu no” a seconda del curriculum presentato. E’ ovvio che non è così, è ovvio che parlare con compagne E compagni mi entusiasma, è ovvio che voglio capire/sapere/sentire/condividere, quando mi trovo nel mezzo del discorso. Non solo, è persino ovvio che non posso decidere di chi innamorarmi, dato che parliamo di relazioni. Ma so anche che cosa significa per me essere lesbica, anche dal punto di vista politico.

Poi, in realtà, il discorso non si è concluso per nulla e mi trovo così a dire:

Mi giustifico, se “giustificarsi” è il termine corretto, perché sono a favore in linea teorica al superamento dei generi, ma, allo stesso tempo, ci sono dentro e so benissimo quali sono le mie preferenze o cosa io cerchi, che però nei generi finisce per ricadere. Credo-penso-potrebbe essere (ma in realtà non lo so) che dipenda dalla cultura in cui sono nata e cresciuta e sono mossa da un bisogno personale che è influenzato dalla cultura binaria (quello cioè di confrontarmi e trovare “interessante” da un certo punto di vista solo UN genere). Ad esempio, il video dei Cupcakes a me piace molto di più se l’immagino come una scena tra due donne rispetto che un transmasculine ed una donna (che poi, ok, ho letto nel profilo che la cuoca in realtà si definisce, se non ricordo male, queer e quindi anche l*i non vuole essere definita “lei”). Cosa cambia? Nell’aspetto, nello svolgimento del filmato assolutamente niente, ma lo scenario in cui si muovono le due persone, nella mia testa, ha una differenza enorme e quello scenario è una parte importantissima per me, per farmi sentire felice e soddisfatta anche quando guardo un porno. Altro esempio, mi faccio spesso seghe mentali di tipo “ipotetica vita quotidiana” (che, è chiaro, sono solo immaginazione e non è detto che nel reale le cose vadano così) e a volte mi domando: se io stessi con una donna che all’improvviso -semplificandissimo- prendesse coscienza di qualcosa che magari si era sempre negata, ossia di sentirsi uomo, come reagirei? Non sono sicura che la “prenderei bene” dal punto di vista della nostra relazione. Ed è una cosa bruttissima da ammettere. E questo avverrebbe appunto, perché cambierebbe tutto lo scenario, il modo di muoversi/relazionarsi nella e con la società (me/noi inclus*). E questo cambiamento, per me, pur supportandolo nell’ottica dell’autodeterminazione della persona-mia-ipotetica-compagna, non rientrerebbe più all’interno di quello che cerco in una relazione. Ripeto e risottolineo: è un’ipotesi che scaturisce dall’analisi di quello che sento, e so di cercare. Potrebbe non finire così, potrebbe essere un sacco di cose, anche che, invece, finisca per sposarmi (sottolineo proprio “sposarmi”) con un uomo, perché nella vita non si può essere mai sicur* di niente… Ma come ipotesi mi fa sentire strana ed incoerente, a volte.

A volte mi stupisco di come la fortuna mi abbia fatta inciampare addosso a gente che, oltre a leggere tutte queste mie seghe mentali, addirittura RISPONDE! E in che modi:

Credo che più di “coerenza” sarebbe utile parlare di “fedeltà alle proprie idee”… so che sembrano la stessa cosa ma per me non lo sono affatto: secondo me, essere “fedele alle mie idee” implica anche che, nel tentativo di esserlo, possa anche “sbavare” qua e là ed essere quindi “liberamente” incoerente

Oppure:

Nei gusti personali penso che non esista il giusto e sbagliato, ognun@ ha i suoi e finchè non li poni come norme è tutto a posto. E dato che tu non li poni per me resti coerente… dov’è la tua incoerenza? Nel dire, a me sta cosa non piacerebbe?? E vabbè, che fa… saresti incoerente se lo imponessi come regola non se la esplichi come tua scelta.. A me, per esempio, piace molto di più il ftm, trasmasculine, queer che la donna “femminile” (non so come spiegarvelo).. Quella non mi attizza granchè. Mica mi sento incoerente… ma manco un po’… penso che i mie gusti non siano processabili e che li devo accettare e basta, al massimo vedermene bene.

Qui la discussione prosegue sull’analisi di quanto ho espresso poco sopra:

Credo che si senta incoerente per il semplice motivo che “il desiderio non è neutro”… nel senso, la nostra cultura vede un corpo maschile-bianco-canonicamentebello come l’apoteosi della desiderabilità e noi si vorrebbe distruggere queste categorie, però ci si ritrova in un presente in cui queste esistono e più che autoanalizzarsi non è che si possa fare molto da qui la necessità di cestinare la “coerenza” ammesso che esista. Insomma si sente attratta da “donne” ma vorrebbe porre fine alla categoria “donne”, e in tutto questo si sente abbastanza in conflitto.

Aggiungendo:

Il fatto è che la definizione di donna e quella di uomo sono stabilite in una società eteronormata. Ed esistono come relazione tra due generi, in questa società, fino a ora. Dunque chi si trova fuori dell’eterosessualità si pone il problema, se vuole, di definirsi con caratteristiche ‘fuori genere’. Ma ci sono altre società che strutturano diversamente le relazioni e addirittura l’identità tribale, non c’è ragione – a parte il fascismo – per non mutare le definizioni, accoglierne altre lasciarne andare ancora. Quindi ben venga donna lesbica, uomo gay, uomo trans ecc. Il binarismo è un problema a un livello ancora più profondo, perché quello si appoggia ad una ‘naturalità’ che sembra infrangibile e, se pure alla morfologia non corrisponde il patrimonio genetico, in modo chiaro, la società binaria ti metterà un po’ più nel maschile o un po’ più nel femminile quando i test genetici diranno xx e xy.

E’ chiaro che questa discussione non ha risolto tutti i miei dubbi, ma ha gettato semi nuovi su cui riflettere. Ad esempio sulla possibilità per le lesbiche di essere “donne”. O dell’apertura della definizione/contenitore “Donna” a chiunque senta di volerci entrare, piuttosto sulla nocività o meno delle definizioni, oltre che sul proliferare delle stesse “in opposizione”a quelle esistenti (con il rischio di creare confusione e/o far perdere di senso alle definizioni stesse, piuttosto che rafforzarle)…Perciò questo rimane un post che non può concludersi e che non ha una soluzione, ma che volevo fare per “salvare” questo insieme di parole preziose.
Ah, che fatica, l’attivismo.

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