Ecco, allora io credo che, prima di arrivare a Vicolo Corto, passerò dal Via e anche da questo, questo e questo. E sicuramente, alla fine, la sensazione sarà quella di aver appena edificato due hotel su Viale dei Giardini. Perché io stia parlando per metafore tratte dal Monopoly non lo so spiegare: a volte i collegamenti mentali sono stupefacenti; immagino che sarebbe un lavoro interessante provare ad interpretarli come si fa coi tarocchi e scoprire il destino di una persona: finirò male? Finirò bene? Finirò a breve?
Per non saper né leggere né scrivere, finirò (come il titolo prometteva) a parlare di figa.
Gli articoli che ho linkato hanno tutti a che fare con le modificazioni a cui la vulva è sottoposta per essere presentabile. Ovviamente ci sarebbe da chiedersi “per chi?” e la risposta è “tutti e nessuno”, perché si sta parlando dell’ideale “comune”, ossia di quel tentativo di omologazione a cui anche il desiderio viene sottoposto.
E allora, partendo da me, perché è così che fanno le brave bimbe, vorrei iniziare ricordando la prima volta che mi resi conto che la cosa che avevo tra le gambe poteva avere un’estetica.
Avevo 12 anni. Probabilmente non è vero, ma “12 anni” è l’espressione che uso sempre per definire la maggior parte delle trasformazioni che sono avvenute in me nella fase pre-durante-subitopost adolescenziale. La verità è che non tengo mai le date a mente, soprattutto se sono cose che mi riguardano: la mia “memoria dell’acqua” mi fa ricordare benissimo le emozioni, mentre lascia scorrere particolari insignificanti come il tempo, a volte il luogo e cose pratiche di questo genere…
Quindi, avevo dei simbolici 12 anni quando mi accorsi che c’era qualcosa che non andava sul mio pube: dei peli. Già quelli delle gambe avevano iniziato a cambiare colore e questo significava -lo sapevo- che dovevo avvicinarmi alla depilazione, pena l’abbandono dei pantaloni corti, sebbene non capissi esattamente perché. Insomma, i peli ce li avevo già prima, che io ricordassi, eppure adesso non andavano più bene e, anzi, dovevo sentirmi molto imbarazzata se qualcuno li riusciva a vedere. Mi è sempre rimasto il dubbio su come dovessi considerare quelli delle braccia e confesso che, in certe giovani primavere, la riscoperta gioiosa delle T-shirt era rovinata, nei primi tempi, da un senso di indefinito imbarazzo.
Quindi, come se non bastasse, il mio bellissimo pube morbidamente roseo iniziava a deturparsi con quei cosi che, santo cielo, erano pure lunghi e, al tatto, di stuttura diversa, più resistente, rispetto al già citato vello che mi copriva le gambe. Non potevo permetterlo: ingaggiai una guerra fatta più di nervi che di azioni e sulla lametta vinse la caparbietà dell’ormone. Per pigrizia e senso della realtà mi arresi ed il nemico finì per diventare quel triangolo riccioluto che solo più tardi iniziai ad apprezzare.
Non tentai più di modificarlo, quindi, e col tempo ci feci non solo l’occhio, ma anche la mano, ché a forza di toccare anche quella si abitua, finché iniziai proprio a prenderci gusto. Certo che il colore le donava! E sì, be’, il pelo era diverso, ma aveva una sua morbidezza, un che di caloroso e piacevole. Presi l’abitudine di addormentarmi con le mani nelle mutande, ma non a causa di sonni post-orgasmici: era diventato quasi un rituale rassicurante (sto veramente pensando alla coperta di Linus?!) e rilassante. Passarci le dita attraverso, giocarci…una sensazione tattile di cui non riuscivo a fare a meno.
E’ stato dopo che questa piacevole conquista era ormai da tempo assodata che mi capitò di rendermi conto di quanto cara mi fosse diventata la nuova moquette: l’appendicite venne a trovarmi. Ero in quarta o quinta superiore quando mi operarono, ma, prima di farlo, era stato necessario affidare il mio pube alle delicate ma decise cure di un’infermiera che, per quanto la situazione sembrasse provenire dai più spinti cliché, si limitò a rasarmelo con un macinino elettrico. Il dolore che provavo da giorni non mi aveva fatto subito rendere conto della perdita ma, dopo l’operazione e passati gli spiacevoli postumi dell’anestesia totale (di cui non parlerò, ora), al momento di andare in bagno e calarmi i pantaloni del pigiama…oh cielo! Cos…chi…com…perc…ma…? Di chi era quella collinetta spelacchiata? Non ero in grado di riconoscermi e lo shock si ripeteva ogni volta che la necessità spingeva lo sguardo all’altezza di un paio di mutande abbassate. Non solo: avevo la spiacevole sensazione di portarmi addosso qualcosa che non fosse mio, ma che appartenesse ad una bambina. Non mi ci potevo neppure masturbare con tranquillità! Cioè, ok, non potevo farlo guardandomi…
Non esagero dicendo che mi sentivo fortemente a disagio con quella parte di me che aveva ormai perso tutta la familiarità, con annessi di morbidezza, calore ed estetica. Sì, estetica: mi rendevo finalmente conto che l’aspetto, quell’aspetto, era quello che più mi si addiceva, che mi piaceva e che mi faceva stare bene. Fu in quell’occasione che maturai la mia decisione di iscrivermi al partito del “Pelo libero” -nel momento in cui esso fosse stato creato, ovviamente- e che nessuno poteva permettersi di dirmi come il mio pube dovesse essere acconciato o se il suo apparire fosse quello “giusto”. E’ per questo motivo che faccio fatica a capire l’opinione dei più (spesso e volentieri fruitori di bassa pornografia) che elogiano i lati positivi di un pube glabro: bellezza, sensazione tattile, igiene (?!?!?!?)…soprattutto quando non si tratta dei portatori di tale pube. Perché una persona può sentirsi a suo agio con folte fronde, un praticello regolare oppure con una collina nuda e tutte le versioni che stanno in mezzo, ma la decisione spetta sempre ed insindacabilmente a lei.
E’ chiaro che il look che preferisco “indossare” è, in generale, quello che preferisco vedere, ma da qui a dire che chiunque io frequenti deve apparire come voglio, be’, ne passa…
Allo stesso modo trovo non solo assurda, ma anche inquietante l’imposizione di canoni estetici che influiscono su una cosa che per essere modificata richiede molto più di un rasoio, come nel caso della forma stessa della vulva. Con quali criteri si giudica giusta o sbagliata la forma di un corpo o di parte di esso? E per quali motivi? Il “gusto estetico” messo lì davanti a far da scudo ad ogni critica nasconde solamente un pericoloso istinto alla normativizzazione dei corpi. A che scopo, poi? Forse che la visione di una figa diversa dalla mia potrebbe dare inizio alla più radicale delle rivoluzioni? Anche se, pensandoci bene, se il sesso libero e consenziente è parificatore poiché distrugge i ruoli e li deforma, piegandoli e sacrificandoli al piacere, allora qualche timore rivoluzionario non è da definirsi propriamente infondato…
E allora, via con la rivoluzione del sesso, dei corpi, del piacere! Che mondo meraviglioso sarebbe: meno paranoie, meno infondate preoccupazioni e tanto, tanto più rilassato divertimento.
Che poi, giusto per concludere, io non ho mai visto corpi brutti. Ho visto bruttissime persone, questo sì, ma corpi mai e mi crogiolo nel pensiero che “La bellezza è negli occhi di chi guarda” che finisce per nutrire il mio gioioso ego che non aspettava di sentirsi dire altro…
@Minerva: Yo sistah! Comunque, seriamente, grazie per la spiegazione sul detto. Non l’avevo mai realmente compreso, realizzo ora.
@luca massaro: grazie. Anche l’ego ringrazia. Per quanto riguarda i tablet, bah, non solo è normativizzata, ma è pure ultrafinta. Non l’approverò mai. La facessero almeno in un set di altre forme…
Il fatto è che “la bellezza è negli occhi di chi guarda” non è solo un modo di dire, ma una delle poche certezze che abbiamo, dal momento che tale nozione discende da quella differenziazione infinita per cui ciascun essere umano è assolutamente unico e quindi portato ad apprezzare certe cose piuttosto che altre in base alle proprie esperienze di vita, sensibilità, attitudini e blah blah blah… in realtà sono salita in cattedra solo per un “amen, sorella!” su quanto hai scritto e fare una ola a tuo sostegno 😉 Ciao!
Sono molto contento di essermi “abbonato” al tuo blog per non perdere siffatti post deliziosi.
A proposito di vulve standard. Anche per i tablet va di moda questa versione:
http://copyranter.blogspot.com/2012/01/cumming-soon-fleshlight-ipad-case-nsfw.html