Attorno alla valle dove abito è tutto un fremere di lampi; fulmini cadono dal cielo, in lontananza, e illuminano le nuvole scure che si accavallano, mentre sopra casa mia vedo le costellazioni dell’autunno, limpide come quando inizia a far freddo: ancora il cerchio di minacciose nubi non si è stretto, ma sento scorrere dentro di me quell’elettricità che si fa brividi e calore a circa due dita dall’ombelico, salendo.
E’ uno di “quei giorni”: complici gli ormoni e la lettura di un piacevolissimo libro, nel mio cuore sciaborda placido uno strano miscuglio di sentimenti. E’ uno di “quei giorni di Amore Universale”: io sorrido ebete, pronta a dirmi innamorata di tutto. Di solito, però, è come un fluire costante che mi lascia ipnotizzata e sospirante. Questa sera, invece, c’è da qualche parte un forte temporale -lo vedo e lo sento- e l’acqua che alberga nelle profondità del cielo richiama l’acqua che custodisco nel segreto tepore di ogni mia cellula: il mare che sono (mare, Amara, Amaromare, Amarame, Amaramore…) inizia ad agitarsi, non più cheta marea, ma plumbea tempesta. Vorticano ora dietro i miei occhi immagini, sorrisi, ricordi che percepisco sulla pelle più che nella mente. Sorrido ancora, sorrido sempre, perché è l’unica reazione sana di fronte all’ Amore Universale, solo un po’ più selvatica: come i denti di una Lupa, no…no, ho sbagliato. Come le unghie dell’Orsa, ammesso che gli orsi si ritrovino mai ad alzare le proprie zampe verso la luna piena e ululare, o qualsiasi verso riescano a produrre…
Sono nel mezzo, dentro e attorno a tutto questo, che non è altro che un mistero bellissimo e terribile, che un essere umano non potrebbe sopportare troppo a lungo. Io sono tutte quelle onde furiose che mi sommergono, lasciandomi in una beata estasi. Ti penso, in tutto questo.
Ti penso, e sei mille cose e persone.