Oggi mi trovo questo appunto risalente a più di due anni fa (luglio 2016). Perché non l’ho mai pubblicato? Lo faccio ora, sorridendo un po’.
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Ad un certo punto della sua vita, Grakera del clan Urdnot, decise di diventare vegana. La consapevolezza le venne un giorno che stava riflettendo (era sempre stata un po’ più sensibile, rispetto alla media degli individui della sua specie) sulla storia Krogan. Ad esempio, pensava a come la crescita tecnologica indiscriminata, guidata unicamente dalla sete di dominio sulle altre tribù, avesse ridotto il proprio paese natale, Tuchanka. Prima pianeta rigoglioso, ora era ridotto a poco più di un sasso dove le uniche forme di vita che potevano resistere erano estremamente pericolose e aggressive (vegetali compresi).
A questo si aggiunse anche l’incontro con le/i Salarian: al principio salutato come un passo in avanti della propria civiltà, ebbe come conseguenza la sovrappopolazione dei pianeti su cui le/i Krogan erano stat* trasferit*, quindi una spasmodica ricerca di nuovi luoghi da colonizzare, per sopperire alla carenza di cibo e risorse.
Chiaramente, con l’introduzione della genofagia (la mutazione genetica che impediva, praticamente, alle/i Krogan di riprodursi), la popolazione si era di molto ridotta, ma a Grakera questo interessava parzialmente. Sebbene fosse consapevole che l’agricoltura fosse in grado di sfamare molta più gente rispetto all’allevamento, non era solo questione di numeri.
Grakera, pensando alla follia descritta dalla storia, aveva realizzato che lo sfruttamento di altri individui era semplicemente ingiusto. Questo valeva per i varren (contro l’utilizzo dei quali negli spettacoli di lotta cruenti si stava battendo), che per i divoratori (sebbene discutere di sfruttamento di esseri alti quanto una palazzina fosse un po’ complesso). Ma anche per altr* Krogan, Salarian, Uman*, Turian o Asari che fossero: ad esempio, sarebbe sempre stata una fiera e attiva sostenitrice per l’abolizione del mercato schiavista Batarian.
Quindi Grakera lottava anche nel quotidiano, scegliendo, ormai da qualche secolo, una dieta vegana. Niente varren, pesci o carni di altro genere, per lei. Neppure derivati: non voleva essere partecipe di alcuna forma di sfruttamento e lei lo dichiarava sempre apertamente, senza alcuna vergogna.
Ma l’universo era grande, e ci sarebbe sempre qualcun* pront* a porre la domanda che lei si sentiva rivolgere da centinaia di anni: “E se ti trovassi su Tuchanka con solo un pyjack, allora? Nessun altra risorsa. Niente di niente: tu ed un pyjack. Lo mangeresti?”.
La risposta che di solito le usciva dalle labbra, in un basso ringhio, era: “Su Tuchanka, da sola e senza risorse, mi mangerei anche te”.
Non che questa sembrasse proprio un’iperbole: il suo aspetto, al pari di ogni Krogan, non era esattamente rassicurante. Ma chiunque conoscesse Grakera e la convinzione che la animava, sapeva che un certo tipo di sensibilità abitava in lei e non faceva nulla a cui non credesse veramente.
La sua filosofia era molto semplice: “Nel dubbio, non farlo”. Per dire: i divoratori, vermi enormi e aggressivi tanto da poter abbattere un Razziatore, difficilmente potevano essere sfruttati. Ma se si fosse trovato il modo di farlo, lei vi si sarebbe opposta. Non era sicura che questi enormi animali potessero provare qualcosa di simile alla sofferenza (ad eccezione del dolore fisico, ovviamente), o che potessero essere coscienti e autocoscienti in una qualche maniera. Nel dubbio, però, la scelta migliore sarebbe stata quella di non rischiare di far patire un altro essere, appunto. Certo, Grakera era anche consapevole del fatto che, in caso di minacce alla propria vita, ogni regola veniva mandata graziosamente all’aria: non avrebbe esitato a mangiarsi il pyjack, in condizioni estreme. Non l’avrebbe fatto con gioia, ma la gioia non avrebbe trovato alcuno spazio in situazioni del genere, in ogni caso.
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