Queerchè?

Ho un momento di forte dubbio politicizzato che, ora riconosco, si agita in me da molto.
Se tutto va come nei radiosi progetti e sogni che ho fatto per il mio futuro, non partorirò mai, ma questo dubbio si è comportato da fastidioso embrione per tutta la sua esistenza, fino ad esplodere ed essere partorito -novella Atena- dalla mia mente razionale.

Io ho un problema con il termine queer

Il fatto è che, a questo punto, credo di non avere una buona relazione con questa parola. Ogni volta che la penso, la ascolto o la dico, vedo, nella mia testa, l’immagine di una persona di genere non definito, sorridente e con in testa un pennacchio da ballerina di samba. E’ un’immagine molto allegra e, per se’, mi fa piacere vederla. Non è fastidiosa, non è disturbante in alcun modo. Solo che…

Solo che come faccio a riconoscermi in una persona che balla la samba? Io non sono queer, sono lesbica. Ed è vero che nessun* mi obbliga a riconoscermi in termini che non voglio: non è questo il problema. Il mio problema è: chi si può riconoscere in una persona che balla la samba? Voglio dire: è solo una ballerina di samba. O un ballerino. Chiunque può ballare la samba. Dov’è la forza dirompente? Dov’è l’elemento di rottura contro la normatività soffocante? E’ un ballo e la gente balla in continuazione, oggigiorno, senza mettere in dubbio alcunché delle restrittive regole della vita. Un ballo è una pausa, prima di tornare nei ranghi.

Ho un problema con questa parola e mi fa rabbia avercelo. Mi incazzo perché vorrei non voler realizzare che non riesco a vedere la sua forza, nonostante esistano persone che conosco e a cui voglio bene che si definiscono queer E sono potenze politicizzate che stimo e con cui lotto.

E invece il problema resta. Esattamente come un/a figli*…

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