Riflessioni concentriche

Credo di avere molta confusione dentro: ho letto articoli, commenti, link, discussioni a riguardo, eppure ho ancora un nodo nel petto, una sorta di turbamento che mi impedisce di esprimermi chiaramente per prima cosa con me stessa.
Il mio problema non sono i fatti in sé, poiché quelli sono stati chiari si dall’inizio e la mia tendenza a voler capire le ragioni di tutte le parti in causa ha giocato bene le sue carte e mi ha dato modo, mentre me ne stavo volutamente distante, di osservare le vibrazioni, i cerchi concentrici che si sviluppavano attorno all’evento. Peccato che le increspature sulla superficie hanno, a loro volta, dato origine ad ulteriori reazioni: le ho viste tutte ma, a questo punto, mi sembrava che ci si trovasse così distanti dal punto focale che non riuscivo più a distinguerne le reali ragioni, facendo assumere al tutto tinte assurde e, devo confessare, preoccupanti.

Ciò che ho bisogno di risolvere, però, non è il putiferio che s’è scatenato, perché non sono in grado di fornire una soluzione a riguardo e, anzi, temo che una voce in più, allo stato attuale dei fatti, non aggiungerebbe molto (ammesso che io abbia la pretesa di poter fornire un contributo fondamentale alla discussione). Ciò di cui necessito ora è di tornare a guardarmi un po’ dentro, per riuscire a capire come mai la mia personale reazione (interiore) a quanto è accaduto sul momento è stata talmente forte da continuare ad amareggiarmi anche dopo giorni dal “fatto”.
Aggiungo che è per questo motivo che non ho intenzione di linkare nulla, in questo post: non mi interessa esporre minuziosamente i fatti, perché non sono l’oggetto di questa riflessione, se non in quanto “scatenanti” di una reazione interna che devo riuscire a sbrogliare, né rientra nei miei obiettivi aggiungere un bel po’ di benzina sul fuoco. Preferirei essere generica, rimanendo il più possibile neutrale nell’esposizione dell’accaduto.

Un giorno accendo il pc e finisco a leggere un post in un dato blog, che esprime una riflessione su come il fascismo abbia potuto ripresentarsi con la faccia pulita, con la citazione di link e nomi di chi ha aiutato, in varie forme, questo movimento a ritagliarsi uno spazio (di nuovo) nella nostra società.
Ci penso su; ragiono sull’importanza delle parole e atti, su quanto sia necessario soppesare quanto si dice o scrive e sull’inflazionatissima frase attribuita a Voltaire “Non condivido le tue idee, ma bla bla bla…”. Penso anche che, forse, quel post sia un po’ riduttivo: solo quelli? C’era dell’altro, c’erano degli altri. Non è solo chi ne parla a favore, ma anche chi, invece, volontariamente non dice nulla. Rifletto su cosa faccia io, effettivamente, per impedire al fascismo di espandersi, o mi riporto dolorosamente alla mente alcuni episodi in cui, invece di reagire, per paura, ho preferito tacere, lasciando correre alcune frasi o comportamenti che, invece, avrei dovuto mettere in discussione. E così su ogni cosa, non solo il fascismo… Insomma, spazio, lasciando che quanto ho letto diventi parte di me, o meglio, parta da me, per quella famosa legge della fisica quantistica (o era altro?) per cui il personale è politico.
Il giorno dopo sono ancora che rifletto -la mia digestione è molto lenta- e, nel bel mezzo di una complessa associazione di idee, mi ricordo di un nome citato proprio nell’articolo: mi sbaglio o conosco quella persona? Omonimia? Assonanza? Devo ricontrollare e così ne ho la conferma: ho chattato con lei proprio due giorni prima.
E’ stato in quel momento che è iniziato tutto: la brutta sensazione è cominciata da lì, con un “Ma come è possibile?”. Ho subito sentito l’esigenza di rallentare, leggere, riflettere, spulciare e arrivare a capire se non si trattasse di un errore (e da parte di chi, poi?). Purtroppo, però, le cose non vanno sempre come si spera e ben presto scopro che gli eventi, spesso, non viaggiano alla velocità di cui si avrebbe bisogno: quella stessa persona, avendo letto l’articolo, ha reagito in maniera piuttosto allarmata e la sua reazione ha dato origine, nel giro di poco, allo “scontro tra fazioni” che continua a rimbombarmi nelle orecchie e a non lasciarmi lo spazio per pensare.

Questi sono, più o meno, i fatti definiti in maniera stringata (anche un po’ riduttiva) per potermi dare lo spazio di scrivere lentamente una riflessione il più possibile completa.
Perché ci sono rimasta male? Perché questo senso di delusione? E, soprattutto, delusione verso quale parte, se la “colpa” risiede solo in una delle due?
Credo che sia importante partire proprio dalla prima domanda che è sorta spontanea: “Com’è possibile?”. Che, in realtà, stava a significare due cose:

1) com’è possibile che qualcuno che consideravo stare sulla mia via nel tentativo di perseguire i miei stessi obiettivi (o, comunque, molto simili), abbia potuto fare una cosa che considero assolutamente non condivisibili? E’ successo davvero? C’è stata un’interpretazione errata?

2) com’è possibile che chi ha scritto l’articolo abbia citato una persona con cui sicuramente era entrato in contatto, senza un tentativo di discussione? Insomma non sarebbe stato meglio parlarne, prima, in privato?

Questo era ciò che ho pensato sul momento, ma già qui un importante nodo viene al pettine: si tratta di una domanda posta nel mentre di un insieme di riflessioni e commenti condivisi con altre persone e che fa più o meno così “Solo perché si tratta di qualche compagn*, allora bisogna concedere dei trattamenti di favore?”.
Insomma, fosse stata una qualsiasi altra persona, mi sarei sentita così turbata e bisognosa di un momento di “confronto privato”? Ebbene, dannazione, no. Mi sono resa conto che, nella mia imperfezione, mi sentivo molto più propensa a concedere degli sconti a un’eventuale sorella/fratello. E accetto ogni critica a riguardo, perché so che questo è ancora un argomento insoluto. Purtroppo, mi rendo conto di procedere molto per “affetto”: so da me di non essere “politicamente matura” (e ho già avuto modo di dirlo) e questo si riflette anche nel modo in cui mi approccio a determinati argomenti e ambienti. Quando parlo di sorelle e fratelli, lo penso davvero, anche se si tratta di persone che magari ho incontrato una volta sola in vita mia e con cui ho parlato per cinque minuti. Sono troppo facile all’entusiasmo, nonostante cerchi di nasconderlo, è questo il problema. Di conseguenza, ricevere una delusione da qualcuno che è idealmente così vicino al mio cuore mi amareggia in maniera indicibile, tanto che fatico a crederci e, quando ormai il fatto è innegabile, ho la tentazione di mettere il tutto a tacere, per quella strana tendenza indotta a “lavare i panni sporchi in casa”, inculcatami da un’educazione particolarmente rigida. Allo stesso tempo, sento l’esigenza di avere subito spiegazioni, per riuscire ad entrare nell’ottica di chi erra, in modo da capire (e forse “comprendere” -badate bene all’etimologia stessa del termine) il suo punto di vista. Ecco, a questo proposito, io ho subito avuto la necessità di sentire le ragioni delle parti. Sono riuscita a farlo solo per una delle due, purtroppo (non ho interpellato personalmente nessuno, proprio perchè si stava scatenando, a mio avviso, un putiferio che mi metteva a disagio: mi sono limitata a leggere i vari comunicati e commenti), mentre per il resto ho dovuto sopperire alla carenza di notizie di prima mano con deduzioni e collegamenti logici, basandomi sulla mia esperienza e sul mio modo di agire. Ovviamente questo ha reso la riflessione ancora più personale di quanto già non lo fosse e, ormai, staccata dai protagonisti in sé.

La conclusione del mio ragionamento è stata:

– chi ha compilato l’articolo è stato coerente col proprio lavoro.

– allo stesso tempo, però, se io fossi stata citata in un post del genere, avrei provato grande imbarazzo e tristezza. Non so dire come avrei potuto reagire: forse avrei cercato di spiegarmi subito, forse mi sarei chiusa in silenzio per un po’ (così come mi è effettivamente successo pur senza essere coinvolta nella questione), forse mi sarei incazzata. Alla fine, comunque, il tentativo di comunicazione l’avrei fatto. Però, ripeto, qui si sta parlando di me proprio perché non ho modo di comprendere quale siano state le ragioni della seconda parte in causa -ed ora come ora neppure mi interessano, dato che tutta la situazione mi è servita per ragionare sui miei personali meccanismi di azione.

Quello che posso dire, però, è che davvero non capisco e non tollero lo sviluppo successivo di una sorta di guerriglia che mi è sembrato dilaniasse anche me e alla quale non sono riuscita a trovare una spiegazione. E’ stato, questo, il frutto del già citato incresparsi delle acque, ma in un luogo talmente lontano, dal mio punto di vista, rispetto a dove il sasso è caduto, che ha stravolto ogni cosa.
Adesso che la discussione (se tale si può definire, proprio per l’esacerbarsi dei toni) sta andando avanti, coinvolgendo altre persone e blog, io non sono più soltanto a disagio, ma anche disorientata e molto propensa alla rabbia: il fatto che non capisca quali movimenti sotterranei siano in corso, non fa che rendermi ancora più irritabile e mi viene voglia di urlare, perché non è concepibile che si colga una scusa qualsiasi per mettersi a criticare il lavoro di molta gente; il tutto, senza avere il coraggio di presentarsi di persona e utilizzare delle reali motivazioni, ma partendo da un’accusa che è grave e da un fatto che avrebbe potuto risolversi, invece, con una chiacchierata a viso aperto.

Ma io sono e rimango un’idealista, oltre che ingenua. E’ chiaro che sto cercando di migliorarmi in entrambi gli aspetti, ma per il momento non posso far altro che sentirmi amareggiata. Amara me, appunto.

 

Mi dispiace: sono giorni che tento di completare questa riflessione, eppure sento di non essere in grado di scrivere meglio di quanto appena fatto, anche se, dopo numerose letture, continuo a non trovare soddisfacente le parole che ho messo in fila qui.
Pubblicherò comunque, perché ormai non sono più in grado di spremermi meglio e mi sento talmente saturata da tutta la vicenda che sto sforzandomi di rimanere aggiornata, combattendo la tentazione di lasciar perdere tutto: mi viene difficile da pensare che vorrò scriverci altro su.
Pazienza: è già tanto che sia riuscita a confessarmi un paio di meccanismi imbarazzanti…

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