C’era una volta un coboldo che era il più bel coboldo di tutti i coboldi. Ovviamente questo non significa che fosse “bello” in assoluto: in fondo, che ne sappiamo dei canoni estetici dei coboldi? Ai nostri occhi, magari, sarebbe apparso orribile e bitorzoluto e gobbo e storto. Ma dei gusti non sarò certo io a discutere.
Accadde un giorno che il più bel coboldo tra tutti i coboldi si innamorasse di un cipresso che, invece, sono senza ombra di dubbio (e non accetterò obiezioni) gli alberi più belli del mondo. Solo che i cipressi sono alberi molto lunatici: non che non ricambiasse il sentimento, ma a volte si lasciava pettinare la chioma punk dall’amato e a volte, invece, se ne stava ad occhi chiusi, indifferente alla presenza dello gnometto blu che si sedeva, schiena appoggiata al tronco, a sospirare sconsolato.
Si domandava: “A che mi serve essere il coboldo più bello di tutti i coboldi, se questo non mi rende felice e amato?”. Solo che si sbagliava, perché il cipresso, mentre si isolava dal mondo, pensava: “Sono l’albero più bello del mondo e amo il coboldo più bello di tutti i coboldi: sono proprio fortunato!” e bruciava di intensa gioia dentro, perché gli alberi preferiscono le fiamme interiori a quelle esteriori, che, spesso, hanno effetti spiacevoli su cose delicate come il legno.
E quindi il coboldo alternava felicità e intensa tristezza, mentre il cipresso era sempre contento e tutto questo perché non erano in grado di parlarsi: il coboldo aveva paura di chiedere e scoprire che, magari, i suoi dubbi erano realtà. Il cipresso pensava che fosse palese tutto ciò che provava.
E quindi, ci possono essere solo tre conclusioni a questa storia:
1. il coboldo ed il cipresso si lasciarono perché non impararono mai a comunicare
2. il coboldo tenne per sé la propria tristezza, sforzandosi di godere al meglio dei momenti di felicità, ma finì per minare profondamente la propria autostima perché il pensiero che sorgeva sempre, quando il cipresso si isolava, era che, in realtà, non era abbastanza degno d’amore. Vissero comunque insieme per sempre, ma non felici. Non entrambi.
3. il coboldo trovò il modo di esprimere i suoi dubbi e lui ed il cipresso parlarono a lungo, fino a che entrambi riuscirono a trovare un compromesso: il cipresso avrebbe provato ad esprimersi di più ed il coboldo avrebbe rispettato i necessari momenti di solitudine del cipresso.
Ma non so, non so proprio come andò a finire.
non è vero ce ne sono di più
4. il coboldo capì che anche lui aveva bisogno dei suoi spazi di solitudine e non temeva più quelli del cipresso perchè li aveva compresi. Aveva anche capito che è bello sentirsi completi prima di tutto da soli e che la propria felicità non poteva dipendere dallo sguardo del cipresso ma solo da se stesso. Per questo scoprì che il cipresso non completava la sua vita ma la arricchiva e questo permise loro di vivere serenamente il rapporto e la loro affinità ognuno con le proprie esigenze.
5. Il coboldo trovo’ finalmente il modo di esprimere i suoi dubbi e (fondamentalmente) di cercare rassicurazioni, che pero’ non bastavano mai che per più di 10 minuti. Il cipresso rassicurava e rassicurava, ma non poteva farlo in eterno e diceva al coboldo di fidarsi, ma niente.
Alla fine il coboldo capì che non era in grado di gestire mentalmente la faccenda per cui ad un certo punto decise di prendersi un attimo per sè e capire cosa ci fosse alla base delle proprie paure, questo lo fece nel tempo e per i cazzi suoi… se e quando rivide il cipresso non è dato sapere.