Vivo in una strana sensazione di viaggio, avanti veloce, indietro di colpo, sbattuta di lato. Oppure è solo la telecamera di una regista inesperta, con zoom improvvisi, tremori, inquadrature sbagliate e goffi tentativi di correzione, solo che non ci sono immagini, bensì sentimenti. Frammenti.
L’innamoramento confessato mi rende felice come se ne fossi io l’oggetto. O come se fossi io a provarlo, attraverso lo specchio, gli occhi, le parole dell’altra.
E, insieme, un briciolo di amarezza: posso, io, provarlo? Esiste quel collegamento? Funziona ogni meccanismo? Se schiaccio quel bottone, avrò una risposta o resterà tutto muto? Ho voglia che quel bottone venga premuto?
E, insieme, l’eccitazione del sapere come va, ma anche di sapere che potrò vivere questo capitolo da spettatrice, senza il rischio di venirne sporcata in qualche modo, marchiata, o solo sgualcita da troppe emozioni.
La tenerezza della fragilità umana, che si ostina a provare sentimenti, mentre, nello stesso momento, mi osservo domandarmi se ho mai capito che senso abbia esattamente il sesso. Quella cosa in cui le persone fanno facce stupide e rumori ridicoli. Cielo! Anche io ho fatto quella roba? E non veniva da ridere all’altra parte? …
…
…sopportava stoicamente?
No, ricordo che era bello. Che non ho mai pensato che nulla fosse stupido, in quelle situazioni. Perché lo penso adesso? E’ come se tutto fosse così lontano da me da non coglierne l’essenza, ma ricordo di aver provato delle emozioni. Ricordo che sono ancora in grado di farlo. Ho una foto di me innamorata di pochi giorni fa, anche se è solo un concerto e non è quell’innamoramento, proprio quello che “la gente” intende di solito. Le sensazioni mi attraversano e hanno campo libero: come posso negarlo?
Be’, a meno che non si tratti di mettersi in relazione con altre persone. “Vere”. Persone che possano rispondere o esprimersi di fronte a queste stensazioni. Non abbraccio, anche quando vorrei. Non riesco: mi è capitato di volerlo, ma non rientrava nella prassi di comportamento tacitamente concordata e generalmente applicata durante gli incontri con tale individuo. Non ci ero abituata io in primis ed era un abbraccio che comunque voleva dire…intensità, che qualcosa era già cambiato. Ma ci si abbraccia in almeno due: una persona di troppo, per me, per potermi far carico di quella responsabilità e una persona di troppo che possa aver accesso alle mie vulnerabilità.
E mentre penso a tutto questo, la gente si conosce, si piace, si apre…
Sembra quasi una cosa naturale, da dietro lo specchio.