[post scritto di getto e con una carica di nervoso e saturazione paragonabile all’elettricità di una razza]
Eccomi reduce da una tre giorni durissima di navigazione del web. A provarmi è stato, in particolare, un blog sui cui -a memoria- non ero mai capitata e, per la precisione, questo post: Le insegne luminose attirano gli allocchi. Leggetevelo bene e godetevelo, perché merita. Parlando di me, le reazioni sono state (dalla più superficiale a quella più profonda): grasse risate, incredulità, perplessità e turbamento. Insomma: sono partita con un “Siamo su una candid camera?” per approdare a “Ma quello che hanno scritto e il modo in cui l’hanno fatto era consapevole? E se lo era, perché hanno pubblicato una cosa del genere?”.
E’ chiaro che la tesi complottista, dal mio punto di vista, non merita neppure mezza riflessione, non tanto perché non sia possibile, ma perché è buttata giù in maniera così ridicolmente ingenua che pare di vedere un collage che spera di restare in piedi con la forza del solo sputo. Sottolineo comunque che non ho idea di cosa sia Otpor, perciò, ok, questa è ignoranza mia, e delle cose che non so non posso permettermi di parlare: insomma, tutto può essere. In ogni caso è pacifico che se di complotto si tratta, il tutto ci sarà svelato tra qualche anno; per il momento a me resta solo la perplessa curiosità di capire se una lotta vada sostenuta anche se è pubblicizzata da Repubica o qualche altro giornalaccio (tra l’altro “pubblicizzata” è un parolone, dato che la stampa italiana s’è concentrata intensamente sui risvolti più succulenti: tette, figa, culo, Playboy)…ma vabbe’, avevo detto che su questo punto non mettevo bocca.
Quello che mi ha realmente colpita è stato l’uso del linguaggio. Che l’autore/trice del post volesse sminure un gesto che si presentava al pubblico come protesta era chiaro e “giustificabile” (se non altro ai fini di rafforzare la propria tesi), ma che abbia scelto di farlo puntando sugli stessi argomenti di Libero mi ha stupita, soprattutto osservando la direzione da cui questa “critica” proveniva, ossia da un ambiente che, se non proprio “fraterno” avrei definito “tendenzialmente affine”. Ne è uscita una pappa moralista e bigotta, dove il nome stesso del gruppo veniva tradotto e storpiato in italiano con fini di chiaro dileggio “a sfondo sessuale”. I commenti, poi, hanno fatto emergere il meglio: c’è persino chi si stupisce, dopo 300 interventi, del perché “Le Femministe” -questa entità astratta e onnipresente sul web con velleità chiaramente censorie- si siano inalberate per l’offesa a “quattro sfigate la cui protesta neppure aveva fini dichiaratamente femministi” (citazione molto approssimativa nella forma, ma non nel succo).
…3…2…1…respiiiira….
Forse il concetto non è chiaro: il mostro con la testa di Medusa che ess* chiamano “Le Femministe” si sono incazzate non per la scalfitura di un idolo intoccabile, ma
1) per il mancato supporto a vittime di repressione (ma a ‘sto punto tutto è soggettivo, perciò se loro credono che si tratti di “Le spie che ci provavano”, è anche comprensibile che tale partecipazione emotiva manchi;
2) cosa più importante, per il linguaggio utilizzato nell’articolo e nei commenti stessi che ha fatto emergere un mare nascosto (ma anche no) di maschilismo in un ambiente in cui si sperava che l’antisessismo fosse un dato di fatto. La realtà è che così non è e neppure ci eravamo illus* più di tanto, (anzi, è un argomento spinoso e difficile da trattare nel “nostro ambiente” proprio per la profondità con cui il sessismo è radicato) ma almeno ora le carte sono in tavola, checché l’arrampicata sugli specchi successiva tenti di fare dei distinguo tra femminismo e antisessismo, ficcandoci dento la priorità della lotta di classe (ignorando -volutamente? Perché a me il dubbio viene- che la sopraffazione di un genere sull’altro avviene in maniera trasversale alle classi sociali). E qui la bile mi ribolle nel gargarozzo: come prima cosa perché la questione della classifica di importanza delle lotte non si può sentire e (c’è bisogno sul serio di farlo notare?) è unicamente un tentativo puerile di distogliere l’attenzione da un argomento che non si è capaci di affrontare. E’ così banale capire che un essere umano, per quanto multi-tasking, può parlare di solo una cosa alla volta? Dopodiché, esaurito l’argomento, si passa ad altro, che è “altro” non per importanza (last, but not the least…), ma perché è capitato semplicemente dopo nel discorso. La seconda cosa urticante è la castronata per cui si confonde il femminismo col contrario del maschilismo; almeno questa si evince essere la conclusione a cui, dopo attenta riflessione (suppongo), quelli di Militant sono giunti: non mi spiego altrimenti la necessità di fare quella distinzione. E io che pensavo che il femminismo lottasse per la parità (a vari livelli) tra i sessi. E non è antisessismo quello? La relazione, perciò, non è da considerarsi biunivoca?
Insomma, sono tre giorni che mi tocca camminare nelle feci di chi ne ha fatta tanta che straborda ed ha lasciato il cesso in quelle condizioni senza tentare neppure di dare una pulita e tirare l’acqua (leggasi: fare una seria riflessione ed autocritica), perciò avevo bisogno di sfogarmi. Adesso c’ho la nausea e vado a dormire.
SBAM (chiusura brusca)