Ecco, amo Regina Spektor

Questo è il resoconto preciso e puntuale del confuso scorrere di emozioni che mi ha travolta in questi giorni. Trattando di sensazioni e sentimenti, precisione e puntualità, contrariamente a quanto appena affermato, saranno estremamente carenti. Ci addentriamo, perciò, in un mondo di incoerenza a tinte forti (io non vedo l’ora!).
Sottolineo anche che tutto quanto successo Domenica 22 Luglio è stato vissuto dalla sottiscritta in una perenne trance amorosa. Ogni cosa, vista o percepita in altro modo è sicuramente successa, ma forse non propriamente come descritta qui sotto.

22 Luglio 2012, Berlino. Concerto di chiusura del Tour di Regina Spektor (Регина Ильинична Спектор). Lei è bellissima, una gigantessa e sono completamente immersa nella sua voce.

STOP
Facciamo qualche passo indietro.

2006, alla radio ed in TV. Fidelity: che canzone strana, è allegra e, da quel poco che percepisco, amara, quasi nostalgica. E originale. C’è quel “a-a-a-a-ah” lì in mezzo che ha qualcosa di fresco e mi fa muovere la testa. Carina. Lei ha la bocca grande ed una fisionomia strana che -ammesso che importi qualcosa- non so se mi piace oppure no.
Però non ricorderò mai un nome così difficile… La profezia si avvera facendomi dimenticare, negli anni, la canzone, la cantante e qualsiasi riferimento a entrambe per molto tempo.

Febbraio 2012, davanti al PC. Non so come, non so perché, mi ritrovo a pensare a Fidelity e ho voglia di riascoltarla. Finisco per reperire tutto l’album, Begin to Hope ed inizio ad ascoltarlo, rimanendone fulminata. Ci sento qualcosa di originale, che non avevo mai sperimentato prima. C’è…c’è…c’è che lei fa i rumori “brrrrr” “o-oh” “aaaah” che sembra quasi me quando non so le parole: infantile e, contemporaneamente, poetico (oltre che sicuramente più intonata della sottoscritta). Mi sfrigola l’ombelico: provo il desiderio di ore e ore di loop. Mentre l’ascolto, cerco una sua foto, per capire di chi mi sto infatuando. E’ lei! Ha sempre quella bocca grande, solo che, adesso, è bellissima ed io lo so. Il video stesso di Fidelity è un distillato di pura gioia. Inizio a vivere, pian piano, sul ritmo di quelle canzoni e lo voglio dire a tutti.

Metà Marzo 2012, casa mia. Un piccolo pacco viene consegnato a casa mia dal postino. Conosco la mittente: una cara persona che non ho mai incontrato, ma che è sempre stata gentilissima e che già una volta mi aveva spedito un regalo (non ho mai ricambiato, ora che ci penso: dovrò provvedere). La mia gioia nello scoprire che all’interno c’era l’intera discografia di Regina è ancora impressa vividamente nei miei ricordi. Non aspetto un secondo: la musica parte. E’ proprio lei, la riconosco! Santo cielo, ma che…che spettacolo! Da quel momento il poi non ascolto altro e vivo il silenzio in una placida sensazione di astinenza.

30 Marzo 2012, al PC. Dopo giorni di overdose, fatta anche di scambi di interviste e commenti su “Ma quanto è dolce?”, “Ma quanto è brava”?, “Ma che persona stupenda sembra?” io e l’amica generosa che non ho mai incontrato ci diamo appuntamento per guardare insieme (ognuna dal suo pc) i DVD del concerto di Londra del 2009. 3…2..(“Lo sai che alla fine della serata comprerai il biglietto per berlino sì?” [cit.])…1 VIA, no aspetta, non siamo coordinate, ripartiamo, fai pausa un attimo, tu cosa vedi? Ok, sincronizzate!
E’ un delirio: ad ogni canzone lei diventa più bella, sempre più brava e i nostri commenti ci montano a vicenda come la panna. Alla fine sono ridotta ad una schiuma soffice e sognante e, in preda all’amore più profondo. Il biglietto è mio.

22 Luglio 2012, Tempodrom di Berlino. Ce l’ho fatta. Sono entrata e sono in seconda fila. Mi stupisco del fatto che non ci fossero già chilometri di persone in attesa quando sono arrivata, ma va benissimo. Vedo il microfono dove canterà, il piano, la batteria col suo nome; ho gli occhi spalancati dalla gioia, a volte tremo, a volte rido da sola, non riesco a mettere in fila due parole e, quelle che pronuncio, sono sballate nell’ordine delle lettere. Ho sete da morire e mi fottono 3 euro per un’acqua ghiacciatissima che mi farò bastare per tutta la serata. Ma sì, chi se ne frega: tanto after her comes the flood e io posso smettere di esistere.
Dopo la noiosa parentesi di Only Son (che pare essere suo marito -sì, un colpo al cuore!), l’attesa si fa solida; respiro fumo d’ansia, annaspo in una palude di nervosismo e poi…lei. E’ un delirio. E’ bellissima. E’ così vicina. Cammina come una scolaretta sul palco della recita. Si siede al piano e dice qualcosa di tenerissimo (voglio specificare che ogni cosa che dirà, da ora in poi, sarà definita o sarà intesa come “tenerissima”) su come sia entusiasta che il saluto tedesco e quello inglese si assomiglino tanto, così, adesso conosce almeno tre parole nell’idioma teutonico. Ci lascia interdetti perché, invece di spiegarci quali siano le altre due parole, attacca a suonare. E la cosa mi fa ridere da morire. Poi, però, la risata si spegne, rapita dall’ammirazione. La sua voce, così piccola quando parlava, diventa la SUA voce. Sembra in trance e ci spinge tutti giù e su sulle note. Durante tutta la serata ho avuto la sensazione di nuotare nella sua musica, o dentro di lei. Ero in estasi. Era come una ferita da cui sgorgava amore puro e quando smetteva di cantare e ringraziava, veniva voglia di abbracciarla forte, anche se diceva cose stupide (sì, adoro quando fa la stupidina!) sul fatto che si è lavata i capelli per noi e che non lo rifarà più perché il risultato l’ha delusa tantissimo. Aneddoto: sono morta quando, alla richiesta dal pubblico di una canzone specifica, lei si è giustificata scherzosamente dicendo che non sapeva se se la ricordava, in quanto il suo cervello non è grande. Un “Ooooooh” di tenerezza degli spettatori viene tranquillizzato con un sospirato “It’s ok. Size doesn’t matter”. Cosa si può dire di una donna che parla così, se non che è stupenda?
Provo a fare delle foto, ma mi vengono tutte malissimo: forse è l’emozione, forse è che non voglio guardarla attraverso un obiettivo, ma voglio che mi rimanga impressa nella retina per sempre, così com’è, con gli occhi chiusi, l’espressione concentrata e la percezione precisa di quanto le stia piacendo quello che fa. Forse è solo che faccio delle fotografie di merda sempre…ma mi piace pensare che fosse a causa di tutta quell’energia che mandava in tilt le apparecchiature moderne.
E poi il concerto finisce. La gente si alza in piedi e tutti avanziamo verso il palco. Dopo aver scavalcato le sedie davanti a me con un gesto atletico irripetibile in condizioni prive di adrenalina, mi ritrovo ancora in seconda fila, ma più vicina. E’ il momento del bis. Lei esce. Quanto è bella. Ma è reale? Canta altre tre o quattro canzoni, credo. Stupende. Ad un certo punto ne fa una che adoro stando in piedi praticamete davanti a me. Io ballo sul posto come una sciocchina, canticchiando e muovendo gli indici ad imitare una batteria ed è in quel momento che i suoi occhi si posano su di me. Mi sta vedendo, mi sta proprio vedendo e ne sono sicura perché, forse perché sono davvero buffa in quello che sto facendo o perché inizio a sorridere nel ricambiare il suo sguardo azzurrissimo, anche il suo sorriso prende ad allargarsi. Sembra un’eternità. Gli occhi le si stringono -non l’avevo ancora vista fare così! Oppure sono solo io che mi illudo- e passano dei secondi interminabili (direi 4, a naso, sempre che sia possibile dare una misura alla pura emozione); mi sta guardando! Poi l’incanto si spezza e lei si dirige altrove, lasciandomi la sensazione stranissima di esistere, di aver acquisito un certo grado di realtà, per quanto sia un’espressione esagerata.

Infine lei esce e le luci si accendono. Ho bisogno di sedermi: sono travolta. Dopo un po’ mi trovo a camminare (assieme alla mia amica tanto generosa e che finalmente ho incontrato) come una zombie alla ricerca del pullman e della porta da cui uscirà. In attesa c’è già qualcuno, ma sono pochi, stranamente (alla fine arriveremo a, che ne so, una trentina di persone…). Ho il terrore che sia tutto finito lì e che lei non si faccia vedere o che non si fermi a firmare gli autografi e io non posso permettermi di non vederla più. Mi manca già. Un pensiero mi tiene su: è stato tutto così fantastico che non può essere che venga rovinato proprio alla fine.
Mentre aspetto, mi stupisco della pacatezza dei fan: nessuno che spinge, nessuno che si urta. Gli stessi addetti al carico-scarico e le guardie sono tranquillissime anche quando devono spostare le transenne. Mi domando se sia lei, con la sua personalità così luminosa e pacata ad attrarre un pubblico del genere: durante il concerto era pieno di gente che urlava “Ti amo” in tutte le lingue, dichiarazioni d’amore tenerissime e sincere, mai disperate o dal sapore della frustrazione, come può capitare in casi di ossessione. Non so se ho mai visto qualcosa del genere…

La porta si apre, alla fine, e lei è lì. E’ piccolissima, davvero uno scricciolo (dalle tette grandissime, però!) ed ha un sorriso bellissimo su quella bocca dipinta di rosso brillante. All’inizio sembra quasi stupita di trovare qualcuno. Poi le viene passato un pennarello e inizia a firmare. I primi fan le domandano se è possibile fare foto e lei, un po’ dispiaciuta e sempre con la sua vocina che attira buffetti sulle guance, spiega pacatamente, in maniera quasi disarmante, che non può fermarsi a fare foto, altrimenti rischia di perdere il suo volo. Arriva a me; le porgo la Moleskine e le dico, d’un fiato e mezzo ridendo di gioia “Я тебя люблю” (Ti amo). Sembra quasi arrossire nel rispondermi “Спасибо” (grazie) a cui replico, questa volta sì, ridendo per quanto è buffa, con un prego, sempre in russo. Poi inizio a farle foto mentre parla con gli altri fan e mi godo lo spettacolo di come lei si fermi un po’ con tutti, faccia commenti, rida e di come i presenti non si accalchino, non la pressino e, una volta ottenuto l’autografo, si spostino lasciando passare chi magari è dietro (sì, deve essere proprio merito della sua personalità se ha un pubblico del genere).
Nell’ultima foto che le faccio, lei guarda direttamente nell’obiettivo. E’ così ricolma di bellezza che non capisco niente e, completamente rincoglionita, per errore, metto a fuoco il suo pullman sullo sfondo e non il suo viso. Però, se la guardo da lontano e con gli occhi socchiusi, la rivedo splendida come quella sera.
Ormai la amo e non posso farne a meno.

La prossima volta le chiederò se posso abbracciarla.

 

Il pullman della band e Regina Spektor che mi copre l’inquadratura -_-‘

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