L’ho fatto ancora. (Era: “Rendersi conto”) – Abbozzata

Ieri sera ho visto una cosa di me che forse avevo già notato, ma che non mi era mai capitato di analizzare seriamente o di vedere in tutta la sua chiarezza: voglio spaventare chi mi conosce. Prima di affezionarmi troppo, prima che un eventuale abbandono possa devastarmi, io metto in pratica una sorta di test. Non parlo di qualcosa di studiato, ovviamente: è semplicemente un bisogno che mi nasce dentro, una spinta verso l’onestà senza confini che mi porta a confessare i miei pensieri/comportamenti più inquietanti. E’ un po’ come preparare il terreno, o un avvertimento: se andrai oltre a questo limite (“affettivo”?), ti troverai ciò che già conosci e dei lati che invece non amo mostrare perché considero problematici anche se (spero) con limature -se non soluzioni- in corso d’opera. Perciò prendo e parto in bomba, senza pietà, con un rigore chirurgico che non lascia spazio né all’esaltazione del difetto né al piangersi addosso. Apro semplicemente le porte e lascio che si veda tutto, tento di spiegare minuziosamente ogni ombra e lo faccio perché ho paura che queste, quando sarà il tempo di emergere (ché tutto viene a galla), siano troppo spaventose o, appunto, provochino una delusione troppo forte. E non potrei sopportare il momento in cui mi si potrebbero dire cose come “Credevo fossi diversa” o “Mi ero sbagliat* sul tuo conto”. Non potrei davvero, allora metto le mani avanti dimostrando che è possibile ricredersi presto su di me, anzi, è meglio farlo subito.
E se dopo tutto ciò sei ancora lì che mi ascolti, allora, forse, io posso lasciarmi andare un po’ di più…

Questa voce è stata pubblicata in Riflessioni non troppo brillanti. Contrassegna il permalink.