Non votare. Sottotitolo: i sensi di colpa. Sottosottotitolo: sfogo senza riletture.

Ho sempre votato, sin da quando ne ho avuto la possibilità: ricordo la felicità e l’emozione con cui mi recai la prima volta al seggio. Era ancora la vecchia sede -il mio asilo- e forse non ci entravo da quando, a quattro anni, mi ero rifiutata di ritornarci perché mi annoiavo.
Ho sempre votato e la mia famiglia mi ha cresciuta col mito della democrazia e l’importanza della partecipazione. Col tempo, questi rosei discorsi sono diventati meno poetici. Negli anni, la partecipazione è stata sempre di più vissuta come “fallo di ostruzione”: un voto in meno che impedisse all’altro schieramento di arrivare fino in porta. Un turarsi il naso non per vincere, ma per far perdere l’avversario. Uno sconsolato: “Vabbe’, sforzati di ingoiare un boccone amaro, perché sarà sempre meglio di niente…”

Oggi, per la prima volta, non andrò a votare. Non si ripeterà il rito domenicale di tutta la famiglia riunita in processione verso il seggio e la cosa mi riempie di sconforto per due ragioni. La prima è il rendermi conto che qualcosa in cui credevo in realtà non ha più valore: fa male. Mi nuota nello stomaco l’amarezza della delusione e la nausea provocatami da un periodo di campagna elettorale che dura da oltre un anno. Al solo pensiero, poi, che andando dovrei votare il “meno peggio” mi sale l’ansia: non sono più in grado di farlo, la coscienza non me lo permetterebbe.
Il secondo motivo è il clima di nervosismo che si è creato in casa: non ho la pretesa di pensare che il mio gesto abbia messo in crisi le certezze della mia famiglia. E’ solo che odio quando la gente mi guarda come se fossi una stupida, tirando in ballo, tra l’altro, ragionamenti ricattatori che mi feriscono prima di tutto perché li vivo come un’offesa alla mia libertà di scelta e, secondariamente, perché erano pensieri che una volta producevo anche io e che mi sbattono in faccia un passato che non è lontano ed è ancora in grado di procurarmi dolore.

“Senza il mio voto, “quello là” vincerà.
Se non voto, non posso lamentarmi.
Per darmi la libertà di votare, sono mortI in tantI (ovviamente solo uomini: non hanno ancora tirato in ballo le lotte femministe, fortunatamente: non so se sarei in grado di sopportarlo).
L’Italia ha bisogno di un governo solido, altrimenti andrà in malora, non sarà credibile e moriremo tutti.
Varie ed eventuali, più il bonus frequenti strane compagnie

Io, ripeto, credevo nella democrazia, e la morte di chi si è sacrificat* per farcene dono pesava in maniera molto realistica sulle mie spalle (sono sempre stata così melodrammatica: uno spirito romantico che si strugge in cima ad una scogliera tormentata dal mare in tempesta…sigh…). Io credevo vermente nell’importanza del voto e della partecipazione (l’unica partecipazione di cui ero cosciente allora). Quella croce sulla scheda era un gesto fondamentale del mio essere cittadina: qualcun* l’avrebbe visto e mi avrebbe ascoltata. Qualcun*, grazie a quella croce, si sarebbe sentit* responsabile e avrebbe agito anche per me.

Io. Ci. Credevo.

Scoprire di essere stata presa in giro è stato atroce. Realizzare che valori che consideravo altissimi non sono altro che una maschera mi fa sentire svuotata e dover non soltanto vivere un lutto da sola, ma addirittura venire accusata di essere la causa della morte della democrazia (perché se non partecipi al processo democratico, allora vuoi la sua fine, chiaramente) è troppo.
Ho provato ad opporre un logico: “la politica la faccio giorno per giorno”, ma questo sembra non avere valore. In un momento di livore (spero, spero fosse solo quello) è stato addirittura sminuito un progetto che, sì, è piccolo -probabilmente una goccia nell’infinito oceano- ma in cui credo realmente, in quanto “non degno”, suppongo, di essere definito “politica”.

Quest’anno io non voterò per la prima volta e sto sopportando già la mia battaglia e le mie paure. Ma vedere che le persone a me prossime non solo non comprendono, ma tentano di fare leva su sensi di colpa che già ho mi angoscia.
Per quanto possa risultare sciocco (forse c’è ben altro, nella vita, a cui dare importanza…), io ora sto molto male.

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