Colline

Guido, nel tardo pomeriggio di una giornata di sole. Ascolto la radio, cercando di non pensare ad un lutto fresco, una perdita comunicatami meno di mezz’ora prima. La sensazione è quella di un rimbalzare costante tra un dolce oblio e la dura realtà dei fatti: non lo vedrò più. Farebbe quasi ridere -se non fossi così triste- dato che sto pensando ad un cane.
Cambio stazione se le canzoni non mi piacciono: un’abitudine nuova, per me, sempre alla ricerca di stabilità; un’abitudine che collego a te. Mi cullo nella sensazione di sonnolenza che mi avvolge nell’abitacolo troppo caldo, ma non mi va di abbassare i finestrini: l’aria potrebbe essere troppo fresca e sarebbe, anche quello, un feroce ritorno alla realtà.
Mi distrae il paesaggio: mi è sempre piaciuta quella parte del Friuli e mi piace ancora di più, dopo che hai confessato di averla trovata bellissima. Come faccio a non sorridere? Ti vedrò tra poco. Immagino che leggeremo il tuo oroscopo, ascolteremo musica, parleremo tantissimo e non vedo l’ora.
Non mi perdo, neppure a quell’incrocio bruttissimo. Non ho mai un dubbio, ed è strano, perché ho fatto quella strada solo una volta, in uno stato d’ansia atroce, seguendo passo passo le tue istruzioni e sbagliando un paio di volte (tutto sommato, un record). E sono calma, al di là della tristezza che mi assale a momenti.
Poi arrivo al tuo paese, entro nella tua via, ma non ci sono parcheggi. Guardo casa tua (o è l’altra?): chissà se ti affacci alla finestra, sentendo un motore. Chissà se mi hai già vista (eppure mi piacerebbe sorprenderti). Allora parcheggio sulla strada e poi entro. Mi fermo di fronte ad una porta. Dannazione a me, nata priva di memoria fotografica: di che colore è, la tua? Il campanello col nome mi salva -che suono squillante (perché non me l’aspettavo?). Apri poco dopo e sei sorpresa.
E’ una giornata di sole. E’ primavera.
Lo sarebbe stato comunque.

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