Sc.or-rer/e

A volte, quando scrivo, mi succede di percepire una strana sensazione: mi sembra di essere pioggia ed è come se le parole scorressero da me, dalle mie dita. Le sento passare nei polsi e poi mi parte la musica in testa. E’ sempre e solo una canzone, per quanto non c’entri nulla con, magari, l’argomento che sto trattando:

So perché: l’inizio è esattamente il modo in cui prendo a scrivere. Una lettera, poi l’altra e infine le dighe che si aprono ed il ticchettio costante e veloce sulla tastiera. Pioggia, qui e nell’intro della canzone.
Che poi, indipedentemente dal testo (che faccio ogni volta fatica a seguire e capire, in qualsiasi brano di qualsivoglia lingua), questa canzone in particolare mi ha sempre ricordato l’acqua: il suo scorrere e ondeggiare nella voce che sembra prendere la rincorsa della marea per salire e finire con lo scendere nuovamente, senza sosta, trascinando chi l’ascolta in una buffa danza (quando la ballo -perché le canzoni io le ballo anche, ma di nascosto- finisco sempre per imitare qualcuno in bilico sul ponte di una nave che viaggia su un mare agitato… E’ divertente).
E, insomma, io scrivo così: prendo la rincorsa, salgo con le parole sull’onda e poi mi infrango su scogli o su altra acqua, inciampo su una parola, indietreggio, respiro e scorro ancora.

Poi, non è detto che sia per forza bello quello che esce. Capita che il tutto si riveli solo una pozzanghera, o, altre volte una palude da cui fuoriescono alberi rinsecchiti e scomposti. Ogni tanto, però, capita un mare trasparente e caldo in cui immergere la testa e fare le bolle soffiando forte. O le capriole.

A volte sembra che non dipenda per nulla da me.

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