Il nuovo/vecchio significato della parola “amicizia”

dal Messaggero Veneto del 29.11.2012; cronaca di Udine; articolo di Cristian Rigo.
(le sottolineature sono mie)

Teme il tradimento e aggredisce l’amico armato di coltello
La polizia lo ha denunciato per lesioni e minacce aggravate. L’uomo poi ricoverato per aver ingerito tranquillanti

Sospetta che l’amico lo tradisca e lo minaccia con un coltello, poi si prende una dose di tranquillanti e finisce in ospedale. Protagonista della vicenda un udinese di 54 anni che risiede al primo piano di un’abitazione insieme all’amico di 47 anni, in una laterale di via Martignacco. A chiamare la polizia è stato il 47enne, spaventato dopo la reazione violenta del coinquilino.
Tutto inizia intorno alle 21 di martedì. Il 47enne si trova nella mansarda dell’abitazione insieme a un suo ospite, un milanese di 42 anni, quando sente dei rumori all’esterno dell’abitazione dove poco dopo scatta anche l’allarme. Preoccupato, l’uomo esce per vedere cosa sta accadendo insieme ai genitori che abitano al piano terra della casa indipendente. Sulla porta d’ingresso della mansarda l’uomo trova un biglietto con degli insulti e sospetta che l’autore sia il suo coinquilino che infatti, in preda a un probabile attacco di gelosia, lo attende nel corridoio dell’appartamento al primo piano armato di coltello e lo minaccia. A quel punto nasce una colluttazione che coinvolge anche l’amico milanese, graffiato al volto e poi giudicato guaribile in tre giorni dai medici. Va peggio al 47enne che dopo essersi visto puntare contro una lama di 16 centimetri, viene morsicato alla mano e al braccio dal coinquilino e riporta ferite con una prognosi di sette giorni.
Prima dell’arrivo della polizia l’udinese di 54 anni getta il coltello e prende dei tranquillanti che, uniti all’alcol bevuto in precedenza, convincono il personale del 118 intervenuto sul posto a un trasporto immediato in ospedale dove l’uomo, che in passato era stato seguito anche dal centro di salute mentale, viene tenuto sotto osservazione per evitare possibili complicazioni.
Gli agenti della Squadra volante, raccolta la denuncia del padrone di casa di 47 anni, non hanno potuto fare altro che denunciare a piede libero il 54enne per lesioni e minacce aggravate.

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Domanda: di che cosa parla questo articolo?
Confesso che già dal titolo io mi ero fatta un quadro molto romantico (nel senso letterario del termine) della vicenda: era la prima volta, in fondo, che sentivo parlare di un’aggressione causata dal sentimento di rabbia e sconforto che l’essere umano prova di fronte all’amicizia tradita. Non so per quale motivo, mi venivano in mente lunghi scambi di epistole vergate rigorosamente a mano con penna e inchiostro in cui i protagonisti della vicenda si appellavano reciprocamente con sette/ottocenteschi “mio tenero amico”, “carissimo compagno” ed epiteti similarmente fuori dal tempo. Pensavo all’esploratore che raccoglie e registra la storia del dottor Frankenstein che, in qualche lettera precedente spedita alla sorella, aveva giusto scritto che ciò che più gli mancava era il sentimento sincero di un amico… E poi una lite, forse un segreto rivelato, una leggerezza imperdonabile e quindi la delusione e la rabbiosa ricerca di vendetta…

Ma questo articolo parla di tutto ciò? Fosse così, il giornalista avrebbe raccontato del momento di rottura, della causa scatenante. E invece leggo la parola “gelosia” che però male si collega ai termini che dovrebbero descrivere la situazione: “amico” e “coinquilino” (per sicurezza, ripetuti più volte). Stupida non sono (non così tanto, almeno), perciò è chiaro che l’argomento trattato non è quanto suggeriva il titolo, come immagino sia evidente per tutt*. Solo che pare che per qualche strano motivo, non sia possibile chiamare le cose col loro nome (amante/compagno/partner sessuale/convivente…), il che fa strano, considerato che proprio nella pagina accanto, specularmente a questo, è presente un articolo di pari dimensioni intitolato “Corso ai prof per battre il bullismo contro i gay” che tratta di un’iniziativa dell’Arcigay e Arcilesbica locali.
Insomma, certe cose si dicono e si celano contemporaneamente e non riesco a capire se si tratti di una censura o di un “eccesso di delicatezza”, perché, in fondo, mi viene da pensare: e se lo stesso uomo aggredito avesse usato le parole “coinquilino” e “amico”? Non so esattamente che cosa provare: credevo che il giornalismo servisse a dare una narrazione dei fatti il più preciso e neutrale possibile; l’illusione si è infranta parecchio tempo fa, ma trovare certe perle rinnova la mia amarezza. Senza giri di parole, io definisco questa “omofobia”. E anche fosse stata la stessa vittima dell’aggressione a non parlare esplicitamente, sorrido a mezza bocca ricordando quanto la stampa non ci pensi mai due volte prima di passare sopra alle persone (penso solo a come viene trattato l’argomento “stupro”…), senza alcun tentativo di rispettare la privacy altrui, né risparmiando giudizi, commenti e conclusioni che spesso e volentieri sono fonte di ulteriore dolore. E’ ipocrita che tenti di farlo solo per alcuni -scomodi- casi.

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