Ogni cosa che mi lacera

Osservo la mia ombra mentre cammino: un’orsa sgraziata. Non tornerà l’eleganza della pesca ai salmoni. Prendo coscienza di questo, come del lieve senso di indifesa vergogna, notando che le mie mani sono alte, in una goffa guardia, pur gesticolando e fingendo sia niente. Mi sento sconfitta.
Mi tocco le labbra, mi mordo una nocca per provare qualcosa.
“Come sono belli, i treni nella notte”.
Volevo starmene in silenzio, per un po’, e guardare le stelle. Respirare.
Invece guido con una mano sola e una strana, inverosimile sensazione tattile nell’altra, pari a un (terzo) arto fantasma: più mi allontano, meglio lo sento. Lo trovo ridicolo, perché di solito, invece, cerco di evitare il contatto con tutta me stessa. Perché rifuggo il coraggio, indegna.
In tutto questo, io non capisco. Eppure sono stata viva, perché lo sentivo, quel cuore, mentre annodavo nastri rossi: era indubbiamente mio, come il sangue accelerato, come il caldo sulle guance e la luce negli occhi ed il tremore delle mani ed in tutto il mio sgraziato essere da orsa.

Questa voce è stata pubblicata in Generale. Contrassegna il permalink.